L’esordio di Sofia

Questo racconto fa parte di Storie ad un metro …dal palco

di Andrea Galassi

Sono Andrea, analista programmatore senior e papà super junior

Andrea Galassi

Ho scritto questo racconto perché mi divertiva l’idea di mostrare un punto di vista… alternativo, Quando l’ho scritto ero molto lontano dalla paternità… ma ora mi sembra molto attuale!

Andrea Galassi

L’esordio di Sofia

Sofia era una bimba molto intelligente. I genitori se ne resero conto ben presto, perché Sofia iniziò a parlare quando i suoi coetanei potevano solo esprimersi in uno squillante bambinese. Sofia ne era felice quanto i suoi ne erano orgogliosi, sebbene si sentisse un po’ sminuita dal fatto che non capivano la differenza fra iniziare a parlare e imparare una nuova lingua: così, quando si trovavano fra amici, Sofia si offriva come interprete simultanea fra bambini e adulti, meritandosi il prestigioso titolo di bimbilingue.

La cosa che più sorprese i genitori, non fu il precoce dono della parola (o di bilinguismo, come soleva sottolineare Sofia), ma l’esordio con cui la bimba lo comunicò ai genitori. Quella sera il papà si stava godendo la partita in tivù, avvolto nella sciarpa della squadra del cuore, nonostante i 25° gradi costanti della cucina. La mamma, disinteressata a gesticolare davanti a una scatola piena di ometti in calzoncini corti, era intenta a catalogare i nuovi francobolli conquistati per la propria collezione. Di rado, sollevava la testa per guardare in modo assente il marito, poi ritornava con dedizione al proprio lavoro. Sofia, che osservava dal suo seggiolone e commentava la scena in stretto bambinese, si chiese come mai la mamma avesse riposto alla destra del raccoglitore, separatamente da tutti gli altri, due francobolli molto più grandi. La risposta giunse al primo gol inferto dalla squadra avversaria, quando Enzo passò dai gesti alle parole, imprecando contro la tivù paonazzo in viso. Fu allora che Elena, come scossa all’improvviso da una scarica elettrica, guardò tagliente il marito e afferrò uno dei due maxi francobolli, sollevandolo solenne sopra la testa. Enzo guardò con orrore il cartellino giallo che ora la moglie gli puntava minacciosamente contro: era stato appena ammonito.

Enzo si rimise a sedere, lasciando che le restanti imprecazioni gli si affievolissero in gola; in lontananza, una voce lo rimproverava: «Lo sai: niente parolacce davanti alla bambina! Quante volte…» ma ormai era di nuovo posseduto dalla diabolica partita. Elena ripose l’unico strumento di comunicazione efficace con un marito trasformato in accanito tifoso, e continuò l’archiviazione dei suoi piccoli tesori. Sofia sorrise a quella scena, e gli sembrò che gli adulti non fossero poi tanto diversi dai bambini. Vide il papà ipnotizzato dalla scatola magica, quella che poteva contenere un numero infinito di nanetti: Sofia non capiva bene chi glieli avesse messi e perché, ma pensava che tutti quanti, lì dentro, bene bene non dovessero stare. Fissando sempre papà, realizzò quanto amore egli dovesse provare per le persone piccole, tanto era attento ai loro giochi: Sofia, che si sentiva appartenere di diritto al “piccolo popolo”, ne fu alquanto felice.

Elena si assentò un attimo, e quando tornò Sofia rimase incantata. La mamma era andata a prendere un nuovo oggetto, a lei del tutto sconosciuto. Le ricordava vagamente un raccogli-pappa, quello che gli adulti chiamano comunemente cucchiaio, ma il suo spirito indagatore si rifiutava di arrendersi a quella debole somiglianza. Vide la mamma armeggiare con il simil-cucchiaio: quando se lo portò davanti al viso, deformandolo all’istante, Sofia comprese la natura dell’oggetto: era sicuramente un bacchetta magica. O almeno così si chiamava in bambinese, si disse Sofia, conoscendo la brutta abitudine degli adulti di dare alle cose un altro nome.

Il secondo gol subito dalla squadra di Enzo lo mise a dura prova. Per il resto del primo tempo, aveva continuato a guardare con timore, a intervalli regolari, l’incombente cartellino rosso sopra il tavolo: un’altra ammonizione e sarebbe stato espulso, costretto dalla moglie-arbitro ad abbandonare il campo di gioco attraverso un pulsante del telecomando. Quando il pallone entrò nella rete, le viscere di Enzo esplosero in una scarica di insulti che risalì velocemente, diretta alla gola. Conscio del pericolo imminente, prese gli estremi della sciarpa e li tirò con forza, bloccando contemporaneamente respirazione, circolazione, imprecazioni varie e la fatale espulsione. Elena e Sofia lo guardarono incuriosite, come si fa con un documentario sugli animali. Enzo si limitò a sostenere i loro sguardi con un sorriso tremolante, più paonazzo che mai; dopo aver allentato il personale cappio del cuore, si immerse a malincuore nella tragedia sportiva. “Papà è proprio divertente quando vuole”, pensò con orgoglio Sofia.

Sofia stava ancora osservando la bacchetta magica della mamma, ora posata sul tavolo, poco distante dal seggiolone. Doveva averla a tutti i costi. Fece un primo tentativo allungando il braccino verso la bacchetta, rendendosi subito conto di essere prigioniera nel suo seggiolone-torre: in effetti non gli risultava del tutto chiaro del perché la sua sedia dovesse essere così alta, mentre lei era così piccola… ma adesso non aveva tempo per riflettere sulle grandi domande dell’infanzia. Era il momento di agire. Avendo sentito la mamma chiamare la bacchetta con il suo nome da adulti, decise che quella era l’unica strada percorribile.

«E…» disse all’improvviso la bambina, guardando la mamma.

Elena alzò la testa e tutta eccitata esclamò «Enzo, guarda! Sofia… sta cercando di parlare!» Il marito si limitò ad annuire con la testa.

«Forza Sofia, chiama la mamma: E-l-e-n-a…» esortò la madre.

«E-m-p-o-l-i» disse assente il marito, fissando lo schermo.

Sofia guardò i genitori, stizzita: possibile che non avessero capito? Ritentò.

«E-n…» disse di nuovo la bimba, con il braccio teso verso il tavolo.

«Guarda Enzo, vuole dire il tuo nome! Su Sofia: E-n-z-o…»

«E-m-p-o-l-i» sussurrò catatonico il marito.

In un ultimo slancio di rabbia, Sofia urlò:

«E-n-t-e!!!» con il braccio proteso più che mai verso il tavolo.

Quando la madre capì che la piccola indicava la lente d’ingrandimento usata per catalogare i francobolli, l’Empoli subiva l’umiliazione di una terza rete. Enzo si alzò di scatto, prese il cartellino rosso, lo alzò in aria e spense la tivù. Con sorpresa della moglie, uscì di corsa dalla stanza. Mentre Elena, piena di orgoglio, dava alla figlia la lente tanto desiderata, le sembrò si sentire giungere dal bagno una serie di imprecazioni mal soffocate.

Sofia, soddisfatta, regalò alla madre un ampio sorriso.

Questo racconto è di Andrea Galassi che ha gentilmente concesso a Theatre of Tarots di pubblicarlo sui propri canali di comunicazione.

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